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Attenti al Petrolio? No: attenti al Dollaro!
Attenti al lupo! Il fenomeno è chiaramente amplificato dai mezzi di informazione, che contribuiscono ad ingigantire il fenomeno nell'opinione pubblica, evidenziando con titoli a tutta pagina i livelli raggiunti dal prezzo della benzina ai distributori. Tuttavia è vero che i rincari del greggio fanno lievitare la cosiddetta "bolletta energetica", soffiando sull'inflazione. I guai per le tasche dei cittadini, però, non si esprimono soltanto in termini di aumenti del prezzo della benzina. Ma, seppur indirette, ancora più invasive sono le ripercussioni attraverso gli aumenti dei costi energetici (es. per l'industria), che, a cascata, si ribaltano da un livello produttivo all'altro fino a terminare nei listini dei prodotti finiti che la massaia trova sul bancone del supermercato. Infatti (Figura 2) lo sbandamento valutario della moneta USA ha aperto, in particolare dall'inizio del 2007 in poi, la forbice fra il trend delle quotazioni petrolifere espresse in Dollari ed i corrispondenti livelli tradotti in Euro. In particolare la Figura 3 evidenzia, nella righe in alto, che la "punta" del petrolio ad inizio giugno (139,12 USD/barile), al valore del giorno del cambio Euro-USD, corrisponde ad un teorico livello di 89,21 EURO/barile, con uno "sconto" del 35,9%. Delle diverse combinazioni, spicca in particolare quella che raffronta le attuali punte ai livelli di inizio '07, momento in cui è partito l'attuale trend rialzista del prezzo del petrolio. In poco meno di un anno e mezzo, la quotazione del greggio in USD/barile è aumentata del 128%, ma il Dollaro si è svalutato del 15%, per cui il prezzo del barile in Euro è aumentato "solo" del 93% e lo sconto regalatoci dall'Euro è stato pari al 27,5%. Chi protesta contro "l'Euro forte", affermando che ha intaccato la competitività del nostro export, "strozzando" così l'economia, dovrebbe tener conto dell'aiuto che, in questi mesi, ci è giunto dal cambio forte: con un'inflazione ancor più elevata, i tassi sarebbero da tempo schizzati ancor più in alto di quanto non abbiano già fatto, soffocando l'attività economica ed i consumi in particolare.
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Ma il problema "petrolio-inflazione" nasconde un'altra domanda, più insidiosa e più subdola: quale effetto produrrà, sulla nostra bolletta energetica, un eventuale prospettico recupero del Dollaro, dato che la moneta USA potrebbe riprendersi dopo mesi e mesi di indebolimento? Infatti è ormai provata la correlazione inversa fra trend petrolifero e trend valutario. Pertanto, quando gli operatori si saranno convinti che gli USA avranno oltrepassato il periodo di recessione, liberandosi di ogni altro rischio finanziario (vedi crisi dei mutui subprime), la divisa americana dovrebbe invertire la marcia, recuperando quanto meno lo spazio perso nel periodo 2007/08 (Figura 4). Obiettivi su cui convergono le previsioni diffuse fra gli operatori, ipotizzano livelli di 1,50 e, successivamente, 1,40-1,30 per la moneta americana. Gli analisti più velleitari affermano che il Dollaro potrebbe recuperare fino ai livelli di fine 2005 - inizio 2006 (1,20 circa). Ma più a destra ancora si trova invece la "zona pericolo" (celle sfondo rosso), dove il recupero dell'USD fa lievitare il prezzo in Euro del barile, nonostante l'eventuale calo della quotazione in Dollari del petrolio. Ad esempio una combinazione fra USD/barile a 120 (-14%) ed EURO-USD a 1,20 (Dollaro che recupera il 30%), genera un costo del barile pari a 100 Euro, con un aumento del 12% rispetto ai prezzi attuali! La conclusione è che una volta terminata la sfuriata in corso del petrolio, non si dovrà abbassare la guardia. Anzi. Carlo Crovella |