CONGIUNTURA
Gli scossoni dell'Euro
Nei primi sei mesi del 2010 la situazione delle finanze pubbliche di diversi paesi della zona Euro ha suscitato seri dubbi e preoccupazioni. Il dibattito si e` concentrato sopratutto sugli ampi disavanzi di bilancio nel 2010 di Irlanda (19% del PIL), Spagna (9,9%), Portogallo (7,9%) e Grecia (10,2 % - Figura 1). Quest'ultimo paese è quello che ha suscitato un clamore maggiore anche perchè abbina al disavanzo di bilancio un sostanzioso debito pubblico che rappresenta il 113,4% del PIL. La riduzione dei disavanzi di bilancio porta due principali benefici: una riduzione o minor crescita dei debiti ed una riduzione o minore crescita degi interessi passivi che gli stati devono pagare. Nel caso di paesi con debiti grandi ma non enormi (Irlanda, Portogallo e Spagna) il problema e` relativamente meno grave. Tagliato il disavanzo, ci si dovrebbe trovare con un problema sostanzialmente risolto, sia pur a prezzo di grossi sacrifici. La crescita che non c'e` Un'occhiata alle altre due grandi economie ricche: USA e Giappone Piu' interessante e' forse il caso del Giappone con un debito pubblico che nel 2007 equivaleva a piu' del 187% del suo PIL , nel 2009 a 192,10 % ed oggi equivale ad almeno il 200% del PIL. Nel 2007 a fronte di un debito (lordo) del 187% del PIL , il debito netto era "appena" dell'80,36 % del PIL. Il Giappone e` infatti uno dei grandi creditori del mondo, prestando soldi a diversi paesi ed in particolare agli USA. Infine va ricordato che il Giappone ha due punti di forza: un risparmio nazionale che nel 2010 e` quasi il 23% del PIL (contro un risparmio USA che e` appena il 10.4% del PIL) ed un avanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, questo nel 2010 e` pari al 3.5% del PIL ( negli USA e` -3,2 % del PIL, un disavanzo - Figura 3).
|
La Grecia non solo ha disavanzo e debito, ma anche un disavanzo delle partite correnti (pari a 7% del PIL) e poco risparmio (appena il 6.4% del PIL). In queste condizioni non c'e` da stupirsi, se la Grecia riceve dai mercati il peggior trattamento, dovendo pagare, per poter prendere denaro a prestito, un tasso di interesse pari all'8,15%, quando in Europa, la Germania, il paese piu' solvibile, puo' indebitarsi al 2,56%. Per indebitarsi pagando interessi bassi, conta il risparmio, conta il saldo della bilancia dei pagamenti e conta il debito accumulato, quello netto in particolare. La competitivita` internazionale La competitivita` sui mercati esteri e' data dalla qualità ed innovativita` del prodotto, dal suo prezzo e dal tasso di cambio. Gli ultimi due elementi sono riassunti dal cosi' detto "cambio reale". Nel caso dell'Italia il cambio reale è dato da: Cambio Reale = Cambio dell'Euro* X Prezzo prodotti italiani / Prezzo dei prodotti esteri *Qui inteso come quantità di valuta estera necessaria per acquistare un euro L'innovativita` del prodotto e`poca in un paese caratterizzato da piccole e piccolissime imprese, specializzate in settori molto tradizionali e con una bassa spesa in ricerca e sviluppo nel settore pubblico e con una bassissima nel settore privato. Dipendiamo dal cambio reale. Oggi l'Euro (Figura 4) ha rispetto al dollaro piu' o meno lo stesso valore che aveva al momento della sua creazione, nel 1999, ed a fine 2003, momenti quando la situazione finanziaria era relativamente piu' tranquilla. Le esportazioni e le importazioni dell'Italia non in Euro, principalmente in Dollari, sono circa la meta' del totale. Inoltre all'interno della zona euro vi sono sia paesi considerati "virtuosi" come la Germania, sia paesi considerati come poco solvibili, come la Grecia. Per capire cosa cambia tra i primi ed i secondi bisogna quindi far riferimento ai prezzi che li distinguono e non al cambio euro/dollaro che li accomuna. All'interno della zona euro si puo' osservare che in dieci anni i prodotti francesi sono divenuti relativamente piu' cari di quelli tedeschi del 2%, quelli italiani del 7% , quelli portoghesi del 9%, quelli irlandesi del 13%, quelli spagnoli del 14% ed in fine quelli greci del 16%. Una considerevole perdita di competitivita'. Questi stessi anni hanno coinciso con una difficolta` dei paesi meridionali ed occidentali della zona euro ad esportare (Figura 6). Spagna e Grecia, gia' all'ingresso nell'euro avevano dei saldi negativi, che sono poi peggiorati. I casi di Francia ed Italia (Figura 7) sono pure significativi; questi due paesi sono entrati nell'euro con avanzi della bilancia dei pagamenti, che nel corso degli anni sono peggiorati in modo quasi lineare e parallelo. Nel 2010 circa il 45% del commercio estero italiano avviene con paesi dell'eurozona ed altre vendite sono effettuate in euro a paesi che non appartengono all'eurozona. E` legittimo affermare che, per alcuni paesi meridionali ed occidentali della zona euro, l'adozione della valuta unica, in assenza di misure atte a condurre la crescita della loro produttivita` in linea con la crescita di quella tedesca, ha coinciso con una progressiva perdita di competitivita' e di domanda estera. Questa e` un'importante componente della domanda aggregata, ossia di quella domanda che normalmente si rivolge alle imprese di un paese. In queste condizioni, se non si agisce sulla produttivita` e sulla competitivita` dei paesi periferici le loro bilance dei pagamenti non possono che continuare a peggiorare, almeno per la componente delle vendite in euro. Potranno si' trarre qualche beneficio da un cambio Euro /dollaro ed euro/ renmimbi, la valuta cinese strettamente collegata al dollaro, che ultimamente si sono deprezzati, tornando ai valori che avevano sette o dieci anni orsono. A fronte di una domanda estera che andava via via riducendosi, i paesi in questione (per esempio Italia e Grecia) vedevano limitarsi il ventaglio delle scelte a loro disposizione; il mantenimento di un certo livello di spesa pubblica e di disavanzo pubblico restava una delle possibilita' piu' immediate per far si' che la loro domanda aggregata non diminuisse troppo. Ecco cosi' che questi paesi non miglioravano o peggioravano i loro conti pubblici, anche nel tentativo di compensare gli effetti recessivi di una domanda estera che diminuiva sempre piu'. Si comprende perche` il rapporto debito/PIL di vari paesi non possa facilmente decrescere. Conclusione Non e` pensabile che i paesi periferici del sud e dell'ovest dell'eurozona (Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda e forse anche Francia) restino all'infinito in una condizione ed in un meccanismo di cambio che vede la loro competitivita` peggiorare costantemente, li vede accumulare disavanzi e debiti con l'estero e li vede incapaci di crescere e di ridurre il peso del debito pubblico che attanaglia alcuni di essi. Cosi' come concepito ora, l'euro non puo' sopravvivere. Potra' farlo, se cambiera' radicalmente. Gustavo Rinaldi |