PAESI
Estonia e Lettonia: l'Euro oltrecortina
Con l'anno nuovo, Bruxelles ha salutato l'ingresso nell'eurozona del suo diciassettesimo membro. Tempo due settimane di circolazione simultanea e la "vecchia" corona è andata in pensione dopo diciannove anni di servizio. Nemmeno in questo periodo la moneta estone era stata del tutto autonoma, essendo stata ancorata al marco prima ed all'euro poi. Tallin congeda la divisa nazionale. Il governo di Tallin ostenta ottimismo per il momento, ricambiato in questo dal presidente della Commissione Europea Barroso che saluta il nuovo ingresso con entusiasmo per l'ampiamento dell'eurozona e le opportunità che si schiudono al Paese baltico. Dall'Estonia ricambiano con altrettanto ottimismo, spiegando che l'euro metterà fine alla svalutazione, abbasserà i tassi d'interesse trainando gli investimenti e ridurrà i costi delle transazioni. Tutto verosimile, ma si tace una conquista simbolica. Adottando l'euro, il piccolo paese baltico mette un'altra lunghezza (essendo già entrato nella NATO e nell'Unione Europea nel 2004 e nell'area Schengen nel 2007), tra sé ed il passato sovietico, smarcandosi vieppiù dall'erede (geo)politico di quell'esperienza traumatica, la confinante Federazione russa, che con Putin torna a ragionare in termini di potenza imperiale. Tornando al piano economico, un motivo d'orgoglio dell'Estonia sta nel fatto di poter impartire, da ultima arrivata nell'area euro, una lezione importante specie ai PIGS. Tallin infatti è riuscita a dimostrare che un Paese piccolo, povero, in costante decremento demografico e gravato della pesante eredità sovietica grazie a virtuose politiche di austerità può venire a capo di una pesantissima recessione. Se prima della crisi la Repubblica baltica era riuscita a crescere ad un tasso medio annuo dell'8% tra il 2000 ed il 2007, attirando investimenti in molti settori, nell'annus horribilis 2009 aveva perso il 14% (Figura 2). Da allora, l'economia si è ripresa e secondo le previsioni dovrebbe crescere del 4,4% nel 2011 (FMI 2011). L'Estonia è oggi certamente il membro più piccolo e povero dell'eurozona, ma le misure di austerità fanno sì che esso sia pure il Paese col minor rapporto deficit- PIL, l'8% appena a fronte di una media all'84%. L'altra faccia della ristrutturazione è il tasso di disoccupazione al 17,5% (Figura 3), fra i più alti dell'eurozona, che fa temere un'emigrazione di massa. Tali condizioni fanno assumere al traguardo appena tagliato il valore di una conquista epocale. Nell'esaltarla, i governanti locali hanno ragione di rendere merito alla frugalità del popolo estone che come la formica di Esopo ha saputo accumulare nei momenti favorevoli per sopportare i momenti grami. Quanto alla sopportazione, il periodo sovietico dev'essere stato una buona palestra, specie l'ultima fase, quella dell'inflazione galoppante del 1990-91.
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Riconosciuti gli indubbi meriti del Paese e della sua classe dirigente, va anche notato che l'Estonia, a differenza della vicina Lettonia, non ha dovuto chiedere prestiti-paracadute al FMI per salvare banche sull'orlo del fallimento, anchè perchè le istituzioni finanziarie che operano nel Paese sono in mano a stranieri. Pur con una situazione oggettivamente più pesante di quella estone, anche la Lettonia vuole centrare l'obbiettivo di agguantare l'eurozona alla prima occasione utile, nel 2014. Un altro postulato infranto è quello secondo cui in uno Stato povero, qual è indubbiamente il Paese baltico, l'elettorato sia facile preda di partiti sostenuti da forti gruppi di pressione. L'economia lettone è largamente controllata da oligarchi, spesso ex aparatchik sovietici riattati a monopolisti. Orbene, nonostante gli sforzi profusi da questi per sostenere il partito "Per una buona Lettonia" questo si è ridotto a contare 8 deputati dei 33 che aveva nel precedente parlamento (7% dei voti nel 2010). Alessandro Milani
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